Nel dopoguerra conobbi a Napoli, tramite il pittore Carlo Alfano,Vito Giovannelli, allora iscritto al Corso di Nudo presso l’Accademia di Belle Arti del capoluogo partenopeo (docente Manlio Giarrizzo). Fu proprio Carlo Alfano, assiduo frequentatore della stessa Accademia, a segnalarmi che, mentre gli altri corsisti disegnavano puntando sul rilevamento delle fattezze fisiche delle modelle in posa, Vito Giovannelli, al contrario, trasformava le stesse modelle in madonne di impianto cinquecentesco o in leggiadri e svolazzanti puttini.
Visionai, per curiosità ed interesse critico, una corposa cartella di quei disegni e schizzi e, in effetti, sin da allora le opere grafiche di Vito Giovannelli mostravano, con buona sintesi figurativa, chiari riferimenti alle madonne fiorentine e toscane Giovannelli era l’unico a puntare sul sacro. Per molti allievi e Maestri, invece, l’arte sacra era tabù, nonostante le problematiche relative all’iconografia sacra fossero ancora vaste e complesse. Naturalmente, con la mancanza di preparazioni adeguate scomparvero i pittori di Santi e di Madonne, categoria considerata dalla critica ufficiale fuori tempo. Eppure, proprio a Napoli, l’arte sacra era stata mantenuta viva dagli incisori della scuola di San Biagio dei Librai, con botteghe operanti nelle adiacenze di Spaccanapoli fino alla fine degli anni quaranta-cinquanta del Novecento. Nelle opere dei maestri incisori napoletani rivivevano, chiaramente, gli impianti dell’arte del Cinquecento, secolo classico per eccellenza dell’arte sacra. Nelle opere dei madonnari di San Biagio dei librai, quasi sempre monocrome, le figure possenti di Santi guerrieri o di Madonne in trono venivano sorrette da contorni robusti e da armoniosi impianti di natura bidimensionale. Sotto il profilo valutativo, escluse le ripetizioni manieristiche, alcuni esemplari delle botteghe degli Scafa e degli Apicella raggiungono valenze artistiche elevate, anche se i linguaggi stilistici facevano espresso riferimento all’arte spiccatamente popolare. Si tratta, in effetti, di immagini devote. Ma, l’arte non appartiene a mondi diversi ed in conflitto tra loro. Le immagini devote, alla luce dei nuovi parametri critici, fissati a Firenze nel 1929, non sono più opere da esiliare nel limbo oscuro delle cosiddette arti minori. Lo attestano le raffinate immagini dei “Flores Coeli” dei “Patres Ecclessiae” e quelle relative alle “Vitae Sanctorum” immagini che elegantemente illustrano i volumi destinati alle manifestazioni liturgiche. Sull’universo dell’arte tabellare, favorita e alimentata dalle nuove tecniche di riproduzione, a cominciare dalla litografia, ha puntato il suo interesse Vito Giovannelli. E i frutti ottenuti dal suo impegno artistico pluridecennale gli danno ampia ragione.
Vittorio De Capua